Il borgo di Gemini

Gemini dal latino Gemelli: è probabilmente questa l’etimologia del nome della frazione di Ugento. La sua fondazione, infatti, s’intreccia con un’antica leggenda che racconta del dio Zeus, innamorato di Leda, regina di Sparta.

Un giorno, mentre la donna riposava adagiata sulla sponda di un laghetto, il padre degli dei decise di trasformarsi in un cigno per poterla osservare da vicino. La donna era così bella che Zeus non riuscì a resisterle e si unì a lei. Dall’unione nacquero due gemelli: Castore e Polluce, i Dioscuri.

Dei due solo Castore era mortale e venne ucciso durante un combattimento, così Polluce, per amore del fratello, chiese di essere mandato nel regno dei morti.

Zeus, meravigliato da un affetto così grande, chiese a Polluce di rinunciare a metà della sua immortalità e stabilì che i due vivessero alternati, un giorno da vivi sull’Olimpo e un giorno da morti nell’Ade, regno dei defunti. I Dioscuri erano divinità benefiche, guida e salvezza dei marinai durante le bufere. I due figli di Zeus dovevano essere molto venerati a Gemini, probabilmente da questo culto deriva proprio il nome dell’odierna frazione di Ugento.

Le tracce del passato romano di Gemini seguono un percorso che conduce per le stradine del centro abitato ma anche per le periferie e le campagne e portano per mano ad attraversare la storia di questo luogo, fino a giungere alla sua fondazione.

Gemini è stata la spalla forte di Ugento, la sorella minore che diventa potente nei momenti di difficoltà. Le mura di questo piccolo borgo hanno accolto il vescovo e gli ugentini che scappavano dalle devastazioni dei barbari e dei saraceni e per ringraziare di quest’ospitalità, il popolo superstite ha abbellito il centro con importanti palazzi e case gentilizie, che ancora oggi restano come testimonianza di questa unione fraterna.

Oggi Gemini è frazione di Ugento, una cittadina che vive di riflesso il favore del turismo in estate, riuscendo comunque a mantenere la sua vocazione tranquilla. L’evento cardine di questo borgo è il presepe vivente, una tradizione che riesce a coinvolgere tutta la comunità e che ogni anno porta nella cittadina numerosi visitatori da tutto il Salento.

Il Tartufo

Il fungo più prelibato al mondo.

Si tratta di una particolare pianta che nasce completamente sotto terra, inoltre, ha bisogno di stare a contatto con un’altra pianta arborea per nutrirsi e sviluppare lo sporocarpo, la parte che comunemente noi tutti conosciamo come tartufo.

Il tartufo si differenzia in più specie a seconda della sua dimensione, del suo odore, della grandezza e del colore. Ed è qui che troviamo la principale distinzione tra tartufo bianco o nero. Chiaramente non esiste una sola tipologia di tartufo bianco, così come per quella nera. Entrambe, infatti, presentano diverse specie.

Per quanto riguarda i tartufi bianchi, due sono le specie più note, ma soprattutto commestibili.

Il primo è il Magnatum Pico, noto con il nome di bianco d’Alba. E’ possibile trovarlo nell’albese, ma anche nelle zone di Urbino, nel Molise, in Abruzzo ed è capitato di raccogliere qualche esemplare anche al sud Italia.

Poi c’è il Tuber Borchii, noto come bianchetto o marzuolo, anche questo è un tartufo bianco. Non solo è poco pregiato, è anche meno buono, non presentando il sapore intenso tipico di questo genere di fungo.

Tra i tartufi neri, invece, distinguiamo sette specie che non solo possono essere raccolte, ma sono anche commestibili. Chiaramente non tutte presentano le stesse caratteristiche e soltanto alcuni di questi possono essere considerati delle primizie davvero pregiate. Primo tra tutti è il Tuber melanosporum, ovvero il nero pregiato, noto anche come nero di Norcia, tra i neri è sicuramente il più prezioso e costoso.

 Poi c’è il nero estivo o scorzone, un tempo poco conosciuto e snobbato tra gli amanti di questo fungo, oggi sta acquisendo una certa popolarità.

Ha la caratteristica di essere ricoperto da una scorza dura. Il nero invernale, chiamato anche Brumale, non è un tartufo molto pregiato, per alcune caratteristiche, non di certo per il sapore, potrebbe somigliare a quello bianco d’Alba.

A essere considerato il tartufo più pregiato è sicuramente quello di Alba, noto come bianco pregiato. E’ il tartufo più esclusivo per una serie di motivi, primo tra tutti per la sua scarsa reperibilità, si trova solo in terreni argillosi, che siano particolarmente umidi e ricchi di calcio. Per cui è possibile trovare il bianco pregiato solo in zone che sono vicine a corsi d’acqua e dove c’è anche una buona circolazione d’aria, in genere nasce vicino a faggi, tigli, pioppi e querce.

Il Porcino

Oggi parliamo dei funghi porcini e della loro raccolta. Ovviamente, parlare in maniera organica dell’intero mondo dei funghi richiederebbe una trattazione molto lunga e complessa.

Le leggi regionali per la regolamentazione delle raccolta dei funghi, infatti, prevedono spesso il rilascio di una tessera o il pagamento di una piccola tassa, al fine di una compensazione ambientale. Detto ciò, in questa sede vogliamo concentrare la nostra attenzione sui funghi porcini, ossi quelli più conosciuti e presenti sul nostro territorio.

I funghi porcini sono un’ampia famiglia di funghi appartenente al genere Boletus.

I micologi ne hanno individuato e classificato fino a 12 specie differenti.

La più conosciuta è la Boletus Edulis, appunto il comune porcino.

Per riconoscere questa specie di funghi porcini bisogna osservare le sue caratteristiche morfologiche.

  • Cappello: ha un diametro variabile solitamente dai 5 ai 25 cm., di consistenza compatta e carnosa, dalla forma a coppa. Il colore varia dal marrone chiaro al marrone scuro, con tendenza ad essere più chiaro lungo il margine. La superficie del cappello è leggermente umida, viscosa, non vellutata bensì rugosa.
  • Tuboli: ossia la parte inferiore del cappello, sono di colore inizialmente bianco, poi giallastro. Sono lunghi e quasi liberi. Per questo motivo si distaccano facilmente dal cappello.
  • Pori: seguono diverse fasi, inizialmente sono chiusi e fini. Appena aperti sono bianchi o grigiastri. A maturità sono gialli.
  • Gambo: è di diametro e lunghezza variabile, molto grosso e pieno. Inizialmente è di colore bianco pallido, in fase di maturità somiglia invece al colore del cappello, quindi brunastro.
  • La carne, sempre di colore bianco, anche dopo l’essiccazione (al massimo tendente al nocciola chiaro). Gustosa, soda, profumata.
  • Le spore sono di colore bruno olivastro.

I comuni funghi porcini crescono sotto diversi alberi e a diverse latitudini. Partendo dall’altezza di 700-800 metri sul livello del mare di un bosco di castagno, nascono sotto le querce e i faggi. Ad altezze fino ai 1500-1600 metri li ritroviamo nei boschi di pini.

La nascita spontanea dei funghi porcini riesce ad abbracciare ben tre stagioni. Di solito nascono tra la primavera e l’estate, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. Poi, se le condizioni meteo sono favorevoli, cioè in caso di precipitazioni estive, già a fine agosto iniziano a comparire nei boschi. Sono i mesi di settembre e ottobre, però, a dare maggiori soddisfazioni. Specie in annate piovose all’inizio del mese di settembre. La raccolta si protrae per tutto il mese di ottobre e può continuare anche nel mese di novembre.

Chiaramente, queste sono indicazioni di massima. In una stagione normale, i funghi sono molto influenzati dalle condizioni meteo. Vi potranno essere quindi delle annate più favorevoli, con raccolti eccezionali, altre meno, con ricerche più difficili. Naturalmente, il prezzo di mercato dei funghi porcini è fortemente influenzato da questo fattore.

La condizione fondamentale per la nascita dei funghi, ad ogni modo, è semplice: prima deve piovere e poi deve fare caldo.

Attenzione però alla presenza del vento: lo scirocco e la tramontana, ad esempio, ne bloccano la crescita.

Al di là della tipologia di porcino raccolta, la preparazione in cucina di questi funghi prevede innumerevoli ricette. Si tratta di un pilastro della tradizione culinaria italiana e può essere cucinato in diversi modi. Con alcune accortezze (come l’eliminazione del burro), le diverse preparazioni possono essere perfette anche per chi ama le cucine vegetariane e vegane.

L’olio EVO

L’olio extra vergine di oliva è un alimento base della dieta mediterranea, proprio grazie al fatto che è ricco di proprietà nutritive, fa bene alla salute ed è l’ingrediente ideale per condire gli alimenti, anche a crudo, e renderli ancora più appetitosi. Queste sono le qualità più note dell’olio extra vergine di oliva, tuttavia ve ne sono molte altre che solo in pochi conoscono.

Ecco alcune curiosità tra le più importanti:

  • L’olio extra vergine di oliva è un grande alleato del nostro organismo, infatti fa bene alla salute, in quanto le sue proprietà aiutano a combattere i radicali liberi e ad abbassare i livelli di colesterolo;
  • Non tutto l’olio di oliva è della stessa qualità. Per non sbagliare, bisogna scegliere l’olio extra vergine di oliva che è classificato come olio di maggiore qualità, riconosciuto da certificazioni di livello. Il nostro olio extra vergine di oliva Congedi per esempio è stato premiato con il massimo punteggio dalla rivista Gambero Rosso, oltre ad aver ottenuto numerosi premi e riconoscimenti;
  • L’olio extra vergine di oliva mantiene giovani, perché rallenta l’invecchiamento cerebrale;
  • Il colore dell’olio non determina la sua qualità: per determinarla, è necessario individuare il tipo di oliva utilizzata, il grado di maturazione e il processo estrattivo impiegato. Perciò, se vedete un olio da bel colore verde, non necessariamente si tratterà di un buon olio;
  • Secondo recenti studi, l’olio extra vergine di oliva è un formidabile alleato per le donne sottoposte a chemioterapia per cancro al seno;
  • L’utilizzo quotidiano di olio extra vergine di oliva all’interno della propria dieta previene l’insorgere dell’arteriosclerosi;
  • La FDA, l’ente statunitense che effettua i controlli sulla sicurezza alimentare e sui farmaci, ha riconosciuto ufficialmente le proprietà benefiche per la salute dell’olio extravergine di oliva;
  • Per scegliere l’olio extra vergine d’oliva più buono e più benefico per l’organismo, bisogna selezionare quello prodotto con olive raccolte a inizio maturazione, perché sono le più ricche di proprietà antiossidanti e dunque fanno più bene alla salute;
  • L’olio extra vergine di oliva dovrebbe essere consumato entro 12-15 mesi dalla raccolta, anche se un buon olio, se correttamente conservato e raccolto nel giusto periodo, può mantenere inalterate le sue qualità organolettiche fino ad un anno e mezzo;
  • Per produrre 1 solo chilo d’olio d’oliva sono necessari circa 5 chili di olive. In media, infatti, l’olio ottenuto corrisponde circa al 20% del peso delle olive, anche se questa percentuale può variare a seconda della varietà di oliva utilizzata;
  • Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) è un riconoscimento della Comunità Europea, pertanto ogni prodotto con il suddetto marchio può essere considerato di qualità in tutti i paesi dell’Unione Europea.

I vostri percorsi sono accolti da DENÒ – OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DENOCCIOLATO

Denò è l’olio extravergine di oliva risultato di una tecnica innovativa del Frantoio Congedi che sfrutta la preventiva separazione del nocciolo dalle drupe e la lavorazione della sola polpa delle olive. Caratterizzato da un colore verde brillante intenso, gusto ricco e armonico con note di fruttato amaro e piccante.

Oppure per i palati più delicati 100 GRAND CRU

L’olio extravergine di oliva “Cento Grand Cru” è l’emblema dell’eccellenza olearia del Frantoio Oleario Congedi. L’etichetta celebra i 100 anni di storia della Famiglia Congedi che da oltre un secolo coltiva e trasforma il frutto principe del Salento: l’oliva.

L’olio “Cento Grand Cru” viene definito dagli esperti del settore come una delle massime espressioni dell’extravergine di oliva di qualità. Attraverso l’unione dei tre monovarietali  (Coratina, Frantoio e Leccino), l’Azienda Olearia Congedi esprime al meglio le caratteristiche dell’annata secondo il principio della QUALITA’ durante l’intero ciclo produttivo.

https://www.oliocongedi.com/it/

La Zucca

Autunno! Ovviamente tempo di zucche, buona e versatile la zucca si presta a numerose e svariate interpretazioni, dall’antipasto al dolce si possono preparare tantissimi piatti semplici ma ricercati allo stesso tempo.

Originaria dell’America Centrale, la zucca ha rappresentato nei secoli passati una riserva alimentare nelle zone più povere. In Nord America  era un alimento base della dieta dei nativi americani, prima dello sbarco dei pellegrini. E’ da loro che abbiamo imparato a coltivarla e, con patate e pomodori, è stato tra i primi ortaggi arrivati nel vecchio continente. Dove ha mantenuto la caratteristica di prodotto di sussistenza. Nella cucina domestica è molto usata, cotta al forno, stufata, spesso usata nei minestroni e nei passati, nei risotti e nei tortelli, fritta in pastella, poi in marmellate e mostarde.

La sua dolcezza e il profumo delicato la rendono perfetta, perché malleabile e docile nella convivenza con altri ingredienti (in particolare castagne, funghi, spinaci e carni suine affumicate)